LA PROVA DEGLI ANGELI
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E’ un mistero, figlia mia, che allora il Cuore della mia futura Umanità, che a quella lotta era presente per la salute eterna degli Angeli buoni capitanati da Michele, e per volontaria rovina eterna degli spiriti perversi capitanati da Lucifero, levava suppliche all’eterno mio Genitore per gli uni e per gli altri; e così pure la Immacolata Madre mia, e con essa tutti gli eletti, e più ancora operanti i miei eletti tra gli eletti, i diletti più che diletti; e unica era la volontà orante e supplicante presso la Divina Bontà, la quale, per tante suppliche e meriti, operava con lumi nella immensa moltitudine di quegli spiriti creati per la eterna beatitudine, per Gloria ed omaggio alla SS.maTrinità e alla mia SS.ma Umanità, per vantaggio degli uomini e loro difesa, custodia e protezione.
Tutto videro, tutto intesero e compresero le intelligenze angeliche, e con la loro libera e piena volontà corrisposero alla Grazia degli Angeli buoni e furono confermati in Grazia.
Ma non corrispose Lucifero, il quale mirò sé stesso e ne ebbe peccaminosa compiacenza, cominciando a riferire a sé stesso il maggior splendore alle maggiori doti con le quali lo avevano adornato, e peccò di superbia; indi si attaccò con diritto di proprietà alle sue doti, in modo che andò estinguendo in sé stesso la generosità della partecipazione verso gli altri Angeli della Gloria e dei celesti lumi in cui lo avevano creato, separandosi così dalla comunione dei Santi, e peccando di avarizia. Diede uno sguardo cupido alle altre doti differenti dalle sue, che possedevano gli altri Angeli in modo particolare: appetì per sé avidamente tutte quelle doti, e così peccò di gola. Per un momento la compiacenza di sé stesso che andava a crescere e l’attaccamento di avarizia alle sue prerogative e l’appetire e quasi gustare in se stesso la sua stessa gola, produssero in lui un falso diletto che uccideva lo spirito, che lo contaminava come se lo materializzasse, e questo fu peccato che si equiparò alla lussuria. Ma siccome la lussuria non può trovare vera soddisfazione, così egli considerando come andava a crescere negli Angeli buoni il vero diletto e la vera luce, fu preso da una grande invidia verso di loro, ed avrebbe voluto distruggerli, e così accanto all’invidia si sviluppò l’ira. E molto più gli crebbe quest’ira quando gli balenò dinanzi l’immagine della mia futura Umanità e della Madre mia, che furono date a vedere e comprendere a tutti gli Angeli come segno e prova della loro ubbidienza alla nostra Volontà, che era quella che avrebbero dovuto riconoscere, onorare e rispettare come decretato dalla nostra Divina Padronanza, in quanto nostre creature tratte dal nulla, e a questa soggiacere. Avrebbero dovuto riconoscermi fatto Uomo come loro Re e Signore, e la Madre mia Santissima come loro Regina e Signora.
Ubbidirono prontamente e si sottomisero gli Angeli fedeli capitanati da Michele Arcangelo, che per primo diede loro l’esempio; e ciascuno secondo una diversa qualità della sua natura produsse i suoi atti di ossequio, di obbedienza, e di amore, nelle quali restarono confermati nelle speciali di virtù di ognuna: come tanti luminosi astri l’uno rispetto all’altro più belli apparvero agli occhi nostri, e da questi atti e secondo le differenze di come furono creati, ne pervennero i Cori e le Gerarchie nella glorificazione eterna.
Ma Lucifero pieno di furore disse: “Io non servirò una natura umana, sia pure unita alla Divinità, e non sarà mai che mi pieghi innanzi ad una semplice creatura, la quale piuttosto dovrebbe piegarsi innanzi a me”. Allora gli fu fatto vedere chiaramente il baratro delle pene eterne in cui doveva cadere con tutti gli altri Angeli da lui sedotti, se non si fosse ravveduto, e tremò a quella vista, e avrebbe voluto risorgere dal suo peccato, non per cancellare la colpa col vero pentimento, ma per scampare la pena, e pure non ebbe più la forza, essendosi le sue potenze spirituali indebolite, per cui agli sforzi che avrebbe dovuto fare per risorgere ed umiliarsi e chiedere perdono, preferì acquietarsi nella sua ribellione, e così peccò di accidia, con che consumò la sua prevaricazione insieme ai suoi sedotti seguaci. Così egli diventò la bestia delle sette teste e dalle dieci corna, che significano l’opposizione contro tutte le nostre volontà. E questo è ciò che genera il fuoco inestinguibile per tutta l’eternità, che brucia i demoni e li consuma senza farli morire; e il vuoto spaventoso della pena del danno non dà loro giammai tregua, ma forma in essi l’odio, la rabbia e il furore per ciò che non possono mai trovare, in modo da potersi acquietare lungi da noi. Dal peccato della superbia di non volere eseguire la nostra Volontà venne a Lucifero ogni male, ma il primo movimento di superbia non fu in lui che un peccato veniale, e se lo avesse vinto…
23/2025 – La prova degli Angeli e la battaglia di San Michele






